Ue pensa a fase 2
Mentre l'Italia, insieme ad Austria e Lussemburgo, arranca per raggiungere gli obiettivi di Kyoto, l'Unione europea supera l'esame, pensa ai suoi obiettivi per il 2020 e alla possibile seconda fase del protocollo sul clima.
Secondo i dati preliminari dell'agenzia europea per l'ambiente, l'Italia finora ha fermato i suoi tagli della CO2 al 4,8% rispetto ai livelli del 1990, contro la riduzione del 6,5% sottoscritta nell'ambito del protocollo di Kyoto. Il rischio è che i risultati dei tre paesi in ritardo nel tagliare le emissioni di CO2 compromettano il raggiungimento dei target europei del 2020, che prevedono la riduzione del 20% della CO2, del 20% dei consumi di energia e una quota del 20% di consumi da rinnovabili.
"Questi tre paesi - ha detto Jacqueline McGlade, direttore dell'agenzia Ue per l'ambiente - devono accelerare il passo per centrare gli obiettivi". In ogni caso, secondo l'agenzia europea "qualsiasi opzione intendano adottare, sarà necessario un budget adeguato per assicurare il rispetto degli impegni". Se l'Italia dovesse mancare l'obiettivo, rischia di ritrovarsi davanti alla Corte di giustizia europea e anche a pagare multe. Intanto l'Unione europea ha deciso di aprire all'ipotesi di una seconda fase di Kyoto, a patto che duri al massimo fino al 2020 e a condizione che costituisca solo una fase di transizione per un accordo a livello globale, con una road map concreta.
Francia, Spagna, Belgio, Romania, Bulgaria ed Estonia, grandi sostenitori del cosiddetto Kyoto 2, sono dovuti scendere a compromesso. Il ministro dell'Ambiente italiano, Stefania Prestigiacomo, è soddisfatto della posizione raggiunta in occasione dell'ultimo Consiglio dei ministri in Lussemburgo. "Sono state recepite le richieste italiane - ha detto Prestigiacomo - relative alla definizione della durata massima del secondo periodo di Kyoto, che non dovrà andare oltre il 2020 e dovrà rappresentare una fase di transizione verso l'accordo globale".