All'arsenale Venezia riunione network su opere difese dal mare
Un confronto tra l'esperienza dei Paesi del Nord Europa, come Olanda e Inghilterra, con chi, come Venezia o San Pietroburgo, sta affrontando concretamente il tema della difesa delle città dal mare. E, nel contempo, la ricerca presente in sistemi innovativi di barriere mobili come il Mose, al servizio di chi, come Londra e Rotterdam, Rampool o il bacino della Schelda, un sistema di paratoie l'ha già da tempo e guarda invece con interesse agli sviluppi delle nuove tecnologie per il settore.
E' questo uno dei punti centrali dell'International Network for Storm Surge Barriers, che, giunto alla sesta conferenza, dopo i precedenti in Olanda, Inghilterra e Russia, è arrivato ora in Italia, richiamando su Venezia e il suo Arsenale l'attenzione dei massimi esperti europei in materia.
"Oggi - spiega il presidente del Magistrato alle Acque di Venezia, Patrizio Cuccioletta - abbiamo introdotto e ripreso nuovi elementi su cui il Network sarà chiamato a lavorare in questi giorni, a partire dal confronto delle differenti esperienze tecnico-scientifiche avute: non solo per quanto riguarda le modalità costruttive, ma anche nelle procedure seguite, nella costruzione delle opere. Perché, nel confronto di pregi e difetti, vogliamo offrire anche all'Europa questi elementi legislativi per le sue direttive negli appalti pubblici".
La premessa, sottolineata da tutti i gestori pubblici delle barriere intervenuti a Venezia, è chiara: "Ogni barriera ha le sue peculiarità", sottolinea Andy Batchellor, che gestisce le barriere sul Tamigi, a Londra. Ma ciò non toglie che, all'interno del network, il principio è proprio quello dell'incontro-confronto tra esperienze molto diverse per la protezione dell'interesse pubblico. Perché "tutte le barriere sono diverse - ripete Maria Teresa Brotto, project engineer del sistema Mose veneziano - ma tutte sono fatte di acciaio e calcestruzzo, tutte hanno a che fare con l'acqua salata e quindi i problemi di manutenzione sono esattamente gli stessi".
Logico, quindi, che, accanto ai tradizionali concetti che la conferenza del network affronta ad ogni appuntamento, in questo momento veneziano gli occhi siano puntati sul sistema di paratoie mobili che sta realizzando alle tre bocche di porto della Laguna. Non è quindi un caso che, insieme alla visita ai cantieri che, domani, concluderà i lavori, la sede scelta per il convegno sia proprio quell'Arsenale che costituirà il cuore pulsante e pensante del Mose stesso. "Da ingegnere - riprende Batchellor - ritengo che il Mose sia fantastico e non vedo l'ora di vederlo all'opera". "A San Pietroburgo - sottolinea Aliec Panciuktch - abbiamo vissuto una situazione abbastanza simile a quella di Venezia, con problemi legati alla storia e alla cultura che hanno portato molti a non essere d'accordo col progetto, anche se ritengo che le potenziali conseguenze negative che le barriere vogliono evitare siano molto superiori all'innegabile impatto ambientale".
E anche l'Olanda ha guardato con interesse a Venezia. "Barriere esistenti da tempo come le nostre - conclude Soer van Herk, che gestisce le barriere sullo Schelda - possono imparare molto da sistemi più moderni come il Mose, anche in vista di un rinnovamento che può essere molto utile dopo quindici o vent'anni di esercizio". (ANSA)
Un confronto tra l'esperienza dei Paesi del Nord Europa, come Olanda e Inghilterra, con chi, come Venezia o San Pietroburgo, sta affrontando concretamente il tema della difesa delle città dal mare. E, nel contempo, la ricerca presente in sistemi innovativi di barriere mobili come il Mose, al servizio di chi, come Londra e Rotterdam, Rampool o il bacino della Schelda, un sistema di paratoie l'ha già da tempo e guarda invece con interesse agli sviluppi delle nuove tecnologie per il settore.
E' questo uno dei punti centrali dell'International Network for Storm Surge Barriers, che, giunto alla sesta conferenza, dopo i precedenti in Olanda, Inghilterra e Russia, è arrivato ora in Italia, richiamando su Venezia e il suo Arsenale l'attenzione dei massimi esperti europei in materia.
"Oggi - spiega il presidente del Magistrato alle Acque di Venezia, Patrizio Cuccioletta - abbiamo introdotto e ripreso nuovi elementi su cui il Network sarà chiamato a lavorare in questi giorni, a partire dal confronto delle differenti esperienze tecnico-scientifiche avute: non solo per quanto riguarda le modalità costruttive, ma anche nelle procedure seguite, nella costruzione delle opere. Perché, nel confronto di pregi e difetti, vogliamo offrire anche all'Europa questi elementi legislativi per le sue direttive negli appalti pubblici".
La premessa, sottolineata da tutti i gestori pubblici delle barriere intervenuti a Venezia, è chiara: "Ogni barriera ha le sue peculiarità", sottolinea Andy Batchellor, che gestisce le barriere sul Tamigi, a Londra. Ma ciò non toglie che, all'interno del network, il principio è proprio quello dell'incontro-confronto tra esperienze molto diverse per la protezione dell'interesse pubblico. Perché "tutte le barriere sono diverse - ripete Maria Teresa Brotto, project engineer del sistema Mose veneziano - ma tutte sono fatte di acciaio e calcestruzzo, tutte hanno a che fare con l'acqua salata e quindi i problemi di manutenzione sono esattamente gli stessi".
Logico, quindi, che, accanto ai tradizionali concetti che la conferenza del network affronta ad ogni appuntamento, in questo momento veneziano gli occhi siano puntati sul sistema di paratoie mobili che sta realizzando alle tre bocche di porto della Laguna. Non è quindi un caso che, insieme alla visita ai cantieri che, domani, concluderà i lavori, la sede scelta per il convegno sia proprio quell'Arsenale che costituirà il cuore pulsante e pensante del Mose stesso. "Da ingegnere - riprende Batchellor - ritengo che il Mose sia fantastico e non vedo l'ora di vederlo all'opera". "A San Pietroburgo - sottolinea Aliec Panciuktch - abbiamo vissuto una situazione abbastanza simile a quella di Venezia, con problemi legati alla storia e alla cultura che hanno portato molti a non essere d'accordo col progetto, anche se ritengo che le potenziali conseguenze negative che le barriere vogliono evitare siano molto superiori all'innegabile impatto ambientale".
E anche l'Olanda ha guardato con interesse a Venezia. "Barriere esistenti da tempo come le nostre - conclude Soer van Herk, che gestisce le barriere sullo Schelda - possono imparare molto da sistemi più moderni come il Mose, anche in vista di un rinnovamento che può essere molto utile dopo quindici o vent'anni di esercizio". (ANSA)