Una piramide di corpi accatastati uno sull'altro, cadaveri di adulti, infanti e bambini in parte scheletrizzati, in parte mummificati, quasi tutti supini, qualcuno adagiato sul fianco, qualcuno prono, in un coacervo di pelle, tendini, capelli, abiti, calze, cuffie, sacchi e sudari. Una scena a dir poco impressionante quella che si e' presentata all'inizio dell'anno agli archeologi che collaboravano ai lavori di restauro della cinquecentesca Chiesa della Conversione di San Paolo Apostolo a Roccapelago, nell'Alto Frignano modenese, quando hanno aperto il soffitto della cripta.
Gli scavi nella cripta recuperano decine di corpi mummificati, ancora con i propri abiti e oggetti personali, sepolti tra il XVI e il XVIII secolo. Particolari condizioni ambientali hanno mummificato circa un terzo dei defunti, un caso unico nell'Italia settentrionale. Lo studio dei resti raccontera' usi e costumi di questa antica comunita' montana, attivita', abitudini, religiosita', malattie e cause di morte.
Una fossa comune con quasi 300 inumati, di cui circa un terzo perfettamente mummificati in virtu' di un raro processo naturale che ha conservato non solo corpi e indumenti ma anche parte della fauna cadaverica, soprattutto larve e topi. Qui non c'entra l'intervento umano, nessuna mummificazione volontaria di precisi gruppi sociali come accaduto altrove per monaci, nobili o beati. A Roccapelago ha fatto tutto la natura, grazie a un fortunato mix di ventilazione e clima asciutto che ha essiccato i cadaveri di un'intera comunita' per due secoli e mezzo, dalla meta' del Cinquecento alla fine del Settecento. (Adnkronos)
Gli scavi nella cripta recuperano decine di corpi mummificati, ancora con i propri abiti e oggetti personali, sepolti tra il XVI e il XVIII secolo. Particolari condizioni ambientali hanno mummificato circa un terzo dei defunti, un caso unico nell'Italia settentrionale. Lo studio dei resti raccontera' usi e costumi di questa antica comunita' montana, attivita', abitudini, religiosita', malattie e cause di morte.
Una fossa comune con quasi 300 inumati, di cui circa un terzo perfettamente mummificati in virtu' di un raro processo naturale che ha conservato non solo corpi e indumenti ma anche parte della fauna cadaverica, soprattutto larve e topi. Qui non c'entra l'intervento umano, nessuna mummificazione volontaria di precisi gruppi sociali come accaduto altrove per monaci, nobili o beati. A Roccapelago ha fatto tutto la natura, grazie a un fortunato mix di ventilazione e clima asciutto che ha essiccato i cadaveri di un'intera comunita' per due secoli e mezzo, dalla meta' del Cinquecento alla fine del Settecento. (Adnkronos)