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Le foto di Riccardo Carbone raccontano “Napoli”

Cinquanta fotografie per riconoscere Napoli attraverso l'obiettivo di Riccardo Carbone. Sono le immagini del fotografo ufficiale del Mattino, che ritrasse il capoluogo partenopeo a partire dai primi anni '20 fino al 1970 e che l'editore Minerva ha raccolto in un prezioso volume dal titolo semplice ma allo stesso tempo evocativo: 'Napoli', appunto. Napoli ovvero il suo popolo, fatto della povera gente del dopoguerra, come gli sciuscià che si incontravano per la strada, le prostitute delle case di tolleranza, i bambini-venditori di tabacco 'recuperato' dalle cicche di sigarette e gli 'spacciatori' di quelle di contrabbando. Come Concetta Muccardo, graziata dal presidente Gronchi dopo essere rimasta incinta 19 volte per evitare il carcere e la cui vita fu portata sulla scena da De Sica e fu impersonata da Sophia Loren in un episodio di 'Ieri, oggi, domani'. Napoli ovvero la sua borghesia, che si faceva ritrarre alle prime del San Carlo o alle corse di cavalli di Agnano oppure ai tavolini di caffè storici, come il Gambrinus. Ancora, Napoli dove passò la Callas, Hemingway, Kennedy, Pirandello, Chaplin e Rita Hayworth e dove vivevano Eduardo, Totò, Sophia Loren, ma anche Napoli dal cui porto partirono per sempre gli emigranti di terza classe di transatlantici come il Rex, destinazione: le nuove terre promesse del Sud America. Come documentano le immagini del libro - che fa parte delle iniziative del Progetto Archivio Carbone ideato dalle associazioni Fotoviva e Unione Fotografi Organizzati -, la penna di Carbone per raccontare la sua città era la macchina fotografica e, non a caso, il direttore del Mattino Eduardo Scarfoglio scelse proprio il fotoreporter, accreditandolo come giornalista, per dare maggiore spazio alle immagini come documentazione giornalistica per il suo giornale.

Chimico mancato per un soffio (frequentò la facoltà di Chimica presso l'Università di Napoli fino al terzo anno) e perché volle sposare la sua passione per la fotografia, Carbone si dedicò a quella amatoriale nei primi anni '20 per poi dedicarsi completamente all'attività di fotoreporter per il quotidiano napoletano. Una collaborazione che si protrasse per più di trent'anni e che contribuì ad arricchire copiosamente l'archivio del fotografo oggi custodito dal figlio Renato e composto da circa cinquemila negativi oltre che da alcune migliaia di stampe e lastre di vetro. Nel corso del suo lavoro di fotoreporter, Carbone ha documentato, attraverso le varie fasi politiche che hanno caratterizzato la storia del Novecento - dal fascismo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dalla ricostruzione postbellica al boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta - i principali avvenimenti locali e nazionali e il suo ricchissimo archivio può essere considerato come una fonte iconografica per la ricostruzione della storia non solo di Napoli ma dell'intero Paese. Come non leggere in questa chiave, infatti, fotografie come quella che ritrae alcuni emigranti nel '52, con neonato al seguito, in partenza per il Venezuela al controllo dei loro documenti oppure, andando più indietro nel tempo, agli anni Trenta, il 'saluto romano' di donne in camicia nera. Un 'pezzo' di storia italiana è la foto del matrimonio fra il duca Amedeo di Savoia-Aosta e Anna d'Orléans, che sfilano a piazza del Plebiscito il 5 novembre del 1927, ma anche quella della sfilata dei bambini inquadrati nell'organizzazione giovanile fascista 'Figli della lupa', l'immagine della visita a Napoli di Mussolini negli anni '30 e quella di Hitler del 5 maggio 1938 e del suo giro in macchina con il Duce, così come quella del Fuhrer che assiste assieme a Vittorio Emanuele III a una spettacolare parata della marina da guerra con corazzate, incrociatori, idrovolanti e novanta sottomarini che si immersero contemporaneamente e riemersero subito dopo sparando a salve all'unisono undici volte.

Le fotografie delle macerie e dei danni dei bombardamenti che colpirono Napoli sono le immagini dell'Italia devastata dalla guerra ne 1945, così come lo sono i profughi del conflitto mondiale e i bambini senza scarpe e senza mutande in braccio a fratellini poco più grandi di loro. Anche le prostitute, ritratte nelle case di tolleranza, hanno sui volti sorrisi che non riescono a celare veramente la tristezza di una misera condizione. La stessa che si ritrova nei bambini, che s'improvvisano suonatori ambulanti di fisarmonica per rimediare qualche moneta nella fame del dopoguerra o, ancora, nei piccoli sciuscià dalla faccia da uomo o, meglio, da minatore, sporca com'è di lucido da scarpe nero. Sono le foto che più appassionano, immagini di vita vissuta e a volte incredibili, come quella dell'incensatore, una specie di esorcista che se ne andava in giro per Napoli con un barattolo dove bruciava l'incenso per togliere il malocchio e purificare persone, luoghi e cose. O come lo scatto che ritrae un funambolo sospeso fra le case del centro o quelli del miracolo di San Gennaro e della processione per il patrono della città nella Spaccanapoli. Se è vero che la parola 'fotografia' significa letteralmente 'scrivere con la luce', come ricorda nella presentazione del libro l'assessore alla Cultura del Comune di Napoli Nicola Oddati, è altrettanto vero che con la sua arte Carbone ha fatto luce su Napoli, sulla sua vita e sulla sua storia. Con il suo obiettivo ha scritto pagine memorabili e non solo ha scoperto e raccontato la città, ma ha trasmesso soprattutto emozioni. Come afferma Gennaro Malgeri, "Napoli è un luogo dell'anima e comunque la si consideri, non lascia indifferenti". E' questa l’anima a cui Carbone non era indifferente. La stessa che ha svelato con i suoi scatti. (Adnkronos)