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Un'esposizione puntuale, la mostra, curata da Alessandro Cecchi in collaborazione con Alessandra Baroni e Liletta Fornasari e organizzata da Arezzo Fiere e Congressi con Villaggio Globale International, che attraverso un corpus mirato di lavori del Maestro - opere celebri e assolute novità per il pubblico - mira a ripercorrere, seguendone le tappe, le vicende salienti e l'evoluzione stilistica dell'aretino (circa 40 sono i lavori di Vasari e una decina quelli dei contemporanei), in un dialogo stringente dal punto di vista scientifico e con un'attenzione specifica per l'opera grafica che, proprio nel Cinquecento e anche grazie al geniale artista, raggiungeva livelli di assoluta autonomia. Si parte dunque dalle prime opere come la Deposizione nel Sepolcro del 1532 - prova acerba ma ambiziosa, influenzata ancora dalla pittura visionaria e cangiante del Rosso e segnata da alcune asprezze formali e disegnative bandinelliane - o il bellissimo Ritratto del duca Alessandro de' Medici armato degli Uffizi, perfetto connubio di erudizione e pittura, per giungere a lavori che possono essere considerati una sorta di testamento, quali sono i disegni, eccezionalmente provenienti dal Louvre, con gli Studi per gli affreschi della Cupola di S. Maria del Fiore a Firenze: impresa rimasta interrotta alla morte dell'artista e continuata da Federico Zuccari, che è possibile seguire nella sua complessa genesi grazie anche alla presenza, in mostra, delle lettere e annotazioni scambiate tra Don Vincenzo Borghini e Giorgio Vasari. Non mancheranno le sorprese: con alcune opere devozionali di collezione privata, presentate per la prima volta nell'occasione - due bellissime Sacre Famiglie, di cui una, attribuita a Vasari sia dal Longhi che dalla Gregori, da tempo dispersa - o la possibilità di vedere per la prima volta insieme la Fucina di Vulcano di Giorgio Vasari degli Uffizi con il grande Studio preparatorio per la Caccia d'Amore, dello stesso artista, conservato al Musée du Louvre, pendant con il disegno di Jacopo Zucchi con un'Allegoria della Fortuna e della Virtù, pure in mostra, opere tutte eseguite per il principe Francesco de'Medici. Ancora, si potranno ammirare la Resurrezione realizzata dal Vasari durante il suo soggiorno a Napoli e soprattutto - mai esposto prima in Italia - un tondo, che giunge ad Arezzo dal Mora Ferenc Museum di Szeged, in Ungheria, raffigurante una deliziosa Annunciazione proveniente dalle cappelle vaticane e appartenente alla tarda attività del Vasari.
Di sicuro richiamo in mostra sarà anche la lettera originale scritta nel 1560 da Michelangelo a Cosimo I (prestata dall'Archivio di Stato fiorentino), con parere favorevole circa il progetto del Vasari per i lavori a Palazzo Vecchio; e spettacolare apparirà, grazie al restauro effettuato in occasione dell'evento, l'importante dipinto della Galleria Palatina di Firenze con Le Tentazioni di San Girolamo, realizzato nel 1541 da Vasari su commissione di Ottaviano de'Medici: sapiente tecnica pittorica e una tavolozza di colori che riappare ora in tutta la sua squillante cromia. La lunga carriera artistica dell'aretino è testimoniata da un vasto corpus di disegni preparatori delle opere, dallo schizzo al modello di presentazione, al cartone, che ai curatori è sembrato fondamentale rappresentare nella mostra, pure nella loro estrema delicatezza. La selezione, oltre al vasto gruppo di fogli provenienti da Firenze e soprattutto dal Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, alla cui Direzione va il ringraziamento dei curatori - tra cui un importante inedito per una perduta tavola di Bosco Marengo - ha incluso lavori provenienti dalle più prestigiose collezioni europee: dal British Museum il disegno preparatorio all'Allegoria dell'abbondanza, ricollegabile alla decorazione di Monteoliveto a Napoli; dall'Albertina di Vienna lo splendido disegno con la Fucina di Vulcano, preparatorio agli affreschi del Quartiere degli Elementi. Particolarmente prezioso, per varietà, numero e qualità, è poi il raggruppamento del Louvre, significativo anche per mettere a fuoco il metodo utilizzato da Vasari per la composizione su larga scala. La mostra simbolicamente si chiude con due tavole, appartenenti in origine all'altare della Pieve di Arezzo: l'altare di famiglia che Vasari ideò come un grande ancona, visibile da tutti i lati, con una sontuosa cornice e con un gran numero di dipinti raffiguranti gli antenati e i santi patroni di Arezzo, eseguiti da lui e da uno stuolo di validi collaboratori. Da un lato, sorprendente per dimensione (320 x 240) e splendore rinnovato grazie al recente restauro, San Giorgio e il drago di mano del Maestro; dall'altro, il Ritratto di Giorgio Vasari e della moglie Niccolosa Bacci come San Lazzaro e Santa Maddalena, opera che ci presenta l'aretino all'apice del successo, arbitro della scena artistica fiorentina e detentore delle maggiori commissioni ducali. "La sua effige - scrive Alessandro Cecchi - appare viva e vibrante, con uno sguardo rivolto verso l'osservatore e il volto incorniciato dalla folta barba arruffata". Un'immagine che resterà incisa nel visitatore che, ad Arezzo, ritroverà l'animo vero del grande artista la cui morte - avvenuta il 27 giugno del 1574 - segnò anche la fine di un'epoca irripetibile di grandi imprese, di cui Vasari fu sorprendente protagonista. (Adnkronos)